I primi dati di esiti raccolti sull’attività dei gruppi psico-educativi lasciano ben sperare nel trattamento coadiuvato per la Fibromialgia. L’attività psico-educazionale, che ha coinvolto 38 persone con fibromialgia, di cui la metà svolge regolare attività fisica adattata per la patologia, è stata sostenuta da AMRER, l’Associazione Malati Reumatici Emilia Romagna, e realizzata dalla Psicologia clinica e di comunità dell’USL di Imola grazie ai fondi regionali, stanziati nel 2023 a tutti gli ospedali dell’Emilia-Romagna: poco più di 380.000 euro in tutto, di cui a Imola ne sono stati destinati 11.000, utilizzati per finanziare il progetto.
«Questo è stato un progetto pilota, che ci ha fatto riflettere ancora una volta su quanto sia complesso convivere con un dolore diffuso e cronico: spesso le persone riferiscono di non sentirsi capite, ascoltate, si sentono sole e impotente», premette Malvina Mazzotta, psicologa, psicoterapeuta e responsabile del programma aziendale di Psicologia clinica e di comunità, ricordando che questa patologia necessità di una presa in cura multidisciplinare, tra cui il gruppo-psicoeducativo, ricordando che dall’anno prossimo partiranno altre attività di gruppo per chi ha la sindrome fibromialgica.
«Il follow up non è ancora concluso, ma dai primi dati di esito, sembra evidenziarsi la tendenza a un miglioramento della qualità di vita. Per alcune persone, soprattutto nel gruppo che svolge regolare attività fisica, è presente una diminuzione della sintomatologia dolorosa; in entrambi i gruppi appare più significativa la diminuzione degli stati ansiosi-depressivi, ed è migliorato l’aspetto relazionale, anche grazie alle relazioni nate nel gruppo che svolge una funzione di rispecchiamento e condivisione degli stati emotivi e favorisce il processo di uscita dall’isolamento a cui la malattia può indurre. I numeri delle partecipanti, perché la Fibromialgia interessa perlopiù le donne, sono pochi per rendere questi dati scientificamente rilevanti, ma possono darci indicazioni preziose su come proseguire il lavoro: i gruppi psico-educazionali, che permettono di lavorare sulla consapevolezza di sé nel presente e sostengono la proattività delle persone, possono essere di grande aiuto all’arrivo della diagnosi. È una diagnosi che cambia radicalmente la quotidianità e i percorsi psico-educativi possono essere un utile strumento all’interno dell’approccio multidisciplinare alla malattia», afferma Manuela Grippo, psicologa, psicoterapeuta, esperta della sindrome fibromialgica.
C’è un altro problema, però, ancora irrisolto: il mancato riconoscimento della Fibromialgia, perché come dicono le pazienti (la malattia interessa 2milioni di persone in Italia e il 75% sono donne), fa sentire invisibili o fantasmi. Cosa si può fare? Il primo a rispondere alla domanda è Paolo Calvano, neo consigliere regionale e capogruppo PD Emilia-Romagna: «Negli ultimi anni, abbiamo fatto alcuni importanti progressi sul tema della Fibromialgia. Nel 2016, come Regione Emilia-Romagna, abbiamo istituito un gruppo di lavoro per definire meglio i contorni di questa malattia e sensibilizzare il mondo medico e istituzionale sul fatto che si tratta di una patologia reale, e non di un problema di natura psicologica. Da questo lavoro sono nate le linee di indirizzo regionale, distribuite a tutti i medici del territorio, e abbiamo portato il tema alla Conferenza delle Regioni, spingendo affinché la Fibromialgia venga riconosciuta a livello nazionale e inserita nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza). Questo riconoscimento sarebbe un passo fondamentale per migliorare la vita delle persone che convivono con questa sindrome. Come primo impegno di questa legislatura, chiederò un incontro con il nuovo assessore alla Sanità per capire come possiamo fare un ulteriore passo avanti. L’obiettivo è continuare a lavorare in Emilia-Romagna per migliorare l’assistenza e, al tempo stesso, spingere il Governo nazionale a riconoscere la Fibromialgia come patologia, con tutte le conseguenze positive che ne deriverebbero per i pazienti. Ci tengo a sottolineare che oggi, qui con voi, sto facendo il mio primo intervento da capogruppo del PD in questa nuova legislatura della nostra regione. Questo incontro rappresenta un segnale forte: la volontà di continuare a lavorare con impegno e determinazione su temi cruciali come questo. Il mio impegno sulla Fibromialgia è iniziato anni fa, durante la mia prima legislatura, e oggi prosegue con la stessa determinazione. La collaborazione con realtà come AMRER sarà fondamentale per raggiungere insieme gli obiettivi che ci siamo posti, e ci dà la forza e la fiducia per portare avanti questa battaglia».
Francesca Marchetti, sindaca di Castel San Pietro Terme, aggiunge anche il suo impegno a livello territoriale: «Per me, oggi vuole dire continuare un lavoro, quello che abbiamo inziato insieme all’Associazione in Regione negli anni scorsi, poiché potere attivare gruppi psico-educativi sul nostro territorio significa dare concretezza ai bisogni delle persone. I gruppi sono stati un’espressione di quella alleanza tra territorio e l’ azienda sanitaria imolese che si è impegnata per offrire una nuova possibilità alle persone con Fibromialgia. Certo, è l’inizio, e come tutti gli inizi abbiamo grossi margini di miglioramento, in primis rispetto alla comunicazione di queste opportunità e di un sempre maggiore coinvolgimento della medicina territoriale. Le Associazioni come AMRER sono fondamentali perché ci stimolano a fare sempre meglio, e insieme a medici di medicina generale stiamo cercando di divulgare le opportunità che ci sono sul territorio. Quello che ci piacerebbe costruire insieme è una comunicazione più efficace, fondamentale per la condivisione dell’obiettivo, e fare in modo che nessuno più si senta solo. La cosa che più mi ha colpita è la sottovalutazione dell’opinione pubblica su cosa sia la Fibromialgia. Sarà utile quindi che anche l’azione dell’amministrazione si faccia parte attiva per una campagna di sensibilizzazione sulla Fibromialgia in modo coordinato: questo è l’impegno che noi prendiamo e cercheremo di lavorareper contrastare lo stigma sociale della malattia. Un pregiudizio che può passare solo attraverso la conoscenza che passa attraverso un lavoro condiviso».
La Fibromialgia è una sindrome che, come dice il nome stesso, interessa tutto il corpo. Ed è una malattia cronica, molto invalidante, che compromette seriamente la qualità di vita, su tuti i fronti: relazionale, lavorativo, sociale. I sintomi sono dolore muscolo-scheletrico diffuso, disturbi del sonno, fatica costante nel compiere azioni quotidiane che prima non presentavano criticità, alterazioni neurocognitive con deficit di attenzione e memoria, fibro-fog ossia quella sensazione di annebbiamento che fa sembrare tutto ovattato, cefalea, sonno poco ristoratore, rigidità e sindrome del colon irritabile. Interessa il 2-3% della popolazione mondiale. In Italia sono quasi 2milioni le persone che ne soffrono, e nella sola Emilia Romagna sono 90.000. Di cui il 75% donne.
Come si arriva alla diagnosi?
«Su base clinica: non esistono biomarcatori che ci possano aiutare nella diagnosi. I criteri diagnostici sottolineano che il dolore diffuso insieme agli altri sintomi devono essere presenti da almeno tre mesi. La Fibromialgia può essere anche concomitante ad altre patologie reumatologiche», spiega Stefania Corvaglia, reumatologa presso la USL di Imola.
Cosa sappiamo, a oggi, delle cause?
«Le cause precise non sono ancora note. Ma sappiamo che ci sono fattori genetici ed ambientali che predispongono ad una ipersensibilità al dolore. La produzione di serotonina, il cosiddetto ormone del buonumore, prodotto per il 75% dall’intestino, è alterata nei pazienti fibromialgici. Da tempo, infatti, ci sono studi che dimostrano il ruolo importante del microbiota intestinale sulla possibile patogenesi della fibromialgia documentando la presenza di disbiosi intestinale in quasi tutti i pazienti», continua Corvaglia. Tra le possibili cause, giocano un ruolo anche lo stress protratto e il trauma. Il 40% delle persone affette da fibromialgia, come rivela un sondaggio AMRER, l’Associazione Pazienti Reumatici Emilia Romagna, che ha coinvolto 240 persone con fibromialgia, riferisce che la sintomatologia è comparsa a seguito di un trauma, come un lutto o una perdita (55,2%).
Quali le terapie a oggi a disposizione per trattare la sintomatologia fibromialgica?
«L'approccio è sempre multidisciplinare, e prevede sia un trattamento farmacologico, tra cui la duloxetina e il pregabalin e in alcuni casi anche oppiacei, e non farmacologico quali l’attività fisica adattata, la psicoterapia e l’agopuntura oltreché un’alimentazione adeguata e aspetti educazionali», aggiunge Corvaglia.
«La sindrome fibromialgica, come tutte le malattie reumatologiche, richiedono una presa in carico multidisciplinare. E attraverso questi eventi divulgativi vogliamo sottolinearlo e mettere a disposizione delle persone che convivono con questa malattia invalidante, tutto quello che come Associazione pazienti siamo riusciti a costruire, tra cui i percorsi dedicati alla fibromialgia basati sull’AFA, sia in acqua termale che a secco», afferma Daniele Conti, direttore di AMRER.
Per info: www.amrer.it o inviare mail a segreteria.amrer@gmail.com o chiamare lo 051.249045 o il 349.5800852 (anche WhatsApp).
Per rivedere l’evento online, con gli interventi degli esperti:
https://www.facebook.com/AmrerAssMalatiReumaticiEmiliaRomagna/videos/8889203451125533
https://www.youtube.com/watch?v=jsLA9QsAnAE